Piadina Snack

Quando da un imprevisto nasce un prodotto di successo

 

 

 

La caratteristica che più salta all’occhio di Erika Vandi è la naturalezza. Non solo nel senso che è una persona spontanea, ma che la sua stessa attività, pur essendo complessa e costituita da tanti elementi, descritta dalla sua viva voce sembra qualcosa di naturale, quasi di ovvio: un’idea che, a sentire lei, pare essersi sviluppata da sé invece che con mesi e poi anni di lavoro e dedizione.

Sono anzitutto le risposte di Erika a tradire questo suo aspetto: la creatrice di Piadina Snack è minimalista in quel che ha da dire, non spreca una parola in più del necessario. “Ho pensato questo, ho fatto quest’altro.” “Sì, ma come?” incalzo io, devo pur riempirla questa pagina web. “Mah, così e poi cosà.” Anche da solo, quel “mah” fa capire quanta schiettezza ci sia nel suo modo di descrivere se stessa e il suo lavoro: una sintesi che bada al concreto e non si perde in voli pindarici perché ai suoi occhi quello che conta è il prodotto, la sua diffusione, la soddisfazione di chi lo prova.

Come è nato, quando, dove…? Questi sono dettagli su cui Erika non si sofferma più di tanto perché tutto sommato sono passati. Mentre lei è proiettata sul futuro (come migliorare, come distribuire di più, come spaziare ancora) e di questo, delle nuove idee, dei nuovi progetti, non può ancora rivelare nulla.

Ma in cantiere ne ha, eccome se ne ha.

 

Com’è nata l’idea della piadina fritta?

Per purissimo caso. Qualche anno fa ero socia di un’azienda che produceva piadine fresche precotte e giravamo per eventi e manifestazioni. A una fiera dello street food, a un certo punto esaurimmo le scorte dei sardoncini con cui farcivamo le piadine; così il cuoco, non sapendo più cosa fare con l’impasto di piada che ci era rimasto, lo tagliò a striscioline e lo gettò in padella.

Con le striscioline fritte riempimmo dei cartoccini e iniziammo a proporli: la gente assaggiava, finiva il cartoccino e tornava a prenderne ancora!

Da lì hai pensato di trasformare l’idea in qualcosa di meno improvvisato?

Esatto. Un po’ perché intravedevo le potenzialità del prodotto, un po’ perché dopo anni a lavorare per quell’azienda (prima come dipendente e poi come socia, anche con incarichi di responsabilità ma comunque con orari fissi e routine quotidiana) sentivo il desiderio di mettere in piedi qualcosa di mio, che mi lasciasse margini di autonomia più ampi.

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Quando hai avviato la nuova attività?

Nel 2015. Il primo passo è stato lavorare sulla ricerca per dare un’impronta al prodotto in termini di processo produttivo, ricette e ingredienti, poi depositare il brevetto, dopodiché ho iniziato la produzione in un piccolo laboratorio a Croce di Montecolombo, dove ho lavorato per tutto quell’anno e per il successivo.
Mi sono occupata di ogni cosa, dalla produzione effettiva agli aspetti collaterali come immagine, packaging e marketing.
Senza contare l’amministrazione e la burocrazia, su cui avevo fatto esperienza nell’azienda precedente che aveva 24 dipendenti da gestire… un impegno non indifferente, com’è facile immaginare. In un secondo momento, per la produzione mi sono appoggiata a un laboratorio più grande: da sola non riuscivo più a evadere tutti gli ordini.

Quindi il prodotto ha trovato una buona accoglienza.

Se consideri che in un anno sono passata da produrre 30 confezioni al giorno a produrne 400, direi di sì. E bisogna anche considerare la tradizionale reticenza, da parte del pubblico, a dare una chance a un prodotto nuovo; c’è sempre un periodo iniziale di rodaggio.

Come ti sei mossa per proporre e distribuire Piadina Snack?

Frequentando eventi e fiere di settore, e appoggiandomi al mio socio, un ottimo commerciale con anni di esperienza e contatti già attivi. Per ora siamo molto soddisfatti dei distributori di zona e dei grandi gruppi come come Marr, Metro, Arca e altri di rilevanza nazionali, e siamo pronti a fare il passo successivo verso la grande distribuzione.

E per quel che riguarda la proposta al pubblico?

Sfruttiamo più di ogni altra cosa la versatilità del prodotto, che è adatto soprattutto ad aperitivi, merende, apericena. È un cibo semplice, lo puoi mettere ovunque: bicchierini, cestini, taglieri.

La nostra piadina fritta si trova generalmente in locali di qualità, anche perché, questo va detto, essendo tutto realizzato a regola d’arte sotto ogni punto di vista, il costo rispetto ad altri tipi di “stuzzichini” non è bassissimo.

Vendete anche al dettaglio?

Abbiamo chiesto fin dall’inizio a Idexa Web di inserire il modulo e-commerce sul sito internet, che quindi non è solo una vetrina ma anche un punto vendita B2C e B2B, mantenendo prezzi differenziati per rispettare il giusto equilibrio fra consumatori e distributori, e riservando una sezione per i grossisti.

Alcuni distributori e grossisti si sono messi in contatto con noi proprio tramite il sito web Piadina Snack, che quindi ha funzionato molto bene in termini di promozione e comunicazione e ha ottenuto l’effetto desiderato: essere proprio per tutti, dal ristoratore al grossista al semplice curioso.

Siamo presenti anche su Amazon e siamo stati scelti dalla Dispensa di Alice, il che è una bella soddisfazione. Recentemente si è aggiunto anche un grande brand come Eataly.

C’è stato qualche cambiamento sensibile, dai primi tempi a oggi?

Sicuramente il packaging. All’inizio, presentavamo la piadina fritta in bustine trasparenti con una semplice etichetta: volevamo mostrare le striscioline, far sì che si vedessero bene.

Adesso che il prodotto è conosciuto abbiamo optato per un pacchetto non trasparente bensì opaco: mantiene meglio il prodotto, che è fotosensibile (un po’ come per i sacchetti delle patatine, che quasi mai sono trasparenti) e comunica, oltre che l’artigianalità romagnola, un’immagine meglio distribuibile su larga scala.

Al momento ci sono due tipi di piadina fritta: quello tradizionale e quello più leggero, all’olio d’oliva. Ne arriveranno altri?

Nel nostro business plan ci sono in progetto altre varianti sulle quali stiamo lavorando. Per coprire a livello distributivo l’intero territorio nazionale, il tempo non manca: il brevetto dura vent’anni, e copre sia il processo produttivo e la ricetta, sia l’idea del prodotto imbustato. Solo “Piadina Snack”, la piadina fritta, è il prodotto originale ed è nostro.

C’è stato qualche momento di difficoltà o di timore?

Sicuramente i primissimi tempi nel laboratorio a Croce di Montecolombo, soprattutto per la mole dell’investimento: il brevetto, i macchinari, le buste plastificate, la grafica, il sito… Quando scommetti così tanto su un progetto, in termini sia materiali che personali, è normale che ogni tanto ti tremino i polsi.

Nessun passo falso?

Ce n’è stato uno in positivo: all’inizio pensavamo che la parola “fritta” ci potesse danneggiare ed eravamo incerti se utilizzarla o meno, abbiamo perso un po’ di tempo in questa indecisione. Invece poi ci siamo buttati ed è stata utile, ci ha caratterizzati come quello specifico modo di proporre la piadina a cui nessuno aveva ancora pensato. Un marchio di fabbrica.

Intervista a cura di Velma J. Starling