Luca Ceccaroni

Un ingegnere con la passione per l’insegnamento

 

 

Si presenta puntuale come un orologio, passo sicuro e sorriso soddisfatto, come fosse a casa sua. Lucaceccaroni tutto attaccato, come lo chiamano negli uffici di Idexa Web, è entusiasta dell’iniziativa di Impresa di Valore e non vede l’ora di raccontare la sua singolare esperienza lavorativa. Anche perché, va detto, ha un approccio insolito e orgoglioso alla sua attività.

Normalmente, dare ripetizioni è considerato un mestiere non proprio splendido; Luca lo adora. Un mestiere per arrotondare: Luca lo fa a tempo pieno. Un mestiere per chi non ha trovato alternative; Luca di alternative ne aveva.

Un mestiere che tutti fanno in nero; Luca ha la partita iva ed emette regolare fattura. Un mestiere difficile, in cui le criticità cambiano da persona a persona, da matematica a fisica, dalle superiori all’università. Luca ha trasformato i problemi in opportunità contagiando gli studenti con la passione per le materie che insegna.

Dietro la sua scelta e il modo di gestirla c’è la testardaggine di chi non ha voluto arrendersi davanti ai se, ai ma, ai però; concluso il percorso di studi, sperimentate le alternative, acquisite le competenze, a dettar legge è rimasta solo l’ambizione di scegliere la strada giusta in totale autonomia e costruirsela da zero, curandone ogni dettaglio pratico e interiore.

 

È insolito che un laureato in ingegneria voglia fare l’insegnante privato.
Come e quando si è accesa la scintilla?

Frequentavo il primo anno di ingegneria e dovevo sostenere esami difficili e formativi, come analisi matematica, fisica e geometria. Nello stesso anno, mio fratello Matteo, laureato in economia, dava lezioni private a due ragazzi delle superiori.

Un giorno gli studenti gli chiesero se conosceva qualcuno che li potesse aiutare anche in matematica, e così iniziai a tenere le mie prime lezioni. I ragazzi erano entusiasti: grazie al passaparola, dopo pochi mesi avevo un bel giro di studenti da seguire, per lo più nelle materie scientifiche.

Quindi, terminata l’università, hai voluto rendere questa attività qualcosa di più di un part-time.

Esatto. All’inizio ho messo in piedi un piccolo sito internet, davvero basilare, e ho insegnato per un annetto. Poi ho voluto almeno sperimentare la strada professionale per la quale, almeno in teoria, avevo studiato: quella dell’ingegnere.

Ho lavorato un paio d’anni abbondanti nell’azienda di famiglia ed è stata un’esperienza utile, del genere che ti aiuta a individuare un percorso razionale: si parte da un’esigenza, si passa da una progettazione e si arriva a un risultato preciso e misurabile (nel mio caso, si trattava di realizzare un impianto per la conversione da biogas a biometano).
Ma, dal mio punto di vista, la dedizione e le responsabilità richieste volevano ben altra passione.

Così sei tornato a insegnare.

A tempo pieno e con tanto di sito internet nuovo, realizzato da Idexa Web. Nel lavoro da ingegnere e progettista mi mancava soprattutto il rapporto umano, che invece attraverso l’insegnamento è duplice: c’è con gli studenti e con i loro genitori (a volte vado perfino insieme a loro ai colloqui con i professori!).

Scegliere in via definitiva questa strada ha causato qualche tensione in famiglia: i miei genitori erano scettici sulla mia decisione, sostenevano che l’insegnante privato non può esistere come lavoro “vero” e che avrei dovuto tentare i concorsi per entrare nelle scuole, altrimenti avrei solo perso tempo.

Alla fine, anche a casa hanno compreso quanto io ci tenessi, ma l’unica persona che ha veramente creduto in me sin dal principio è stato mio fratello, cosa di cui gli sono molto grato.

Attriti familiari a parte, quali sono state le difficoltà maggiori in cui ti sei imbattuto?

All’inizio, tra studio e stagioni al mare, sicuramente la mancanza di tempo libero: non era facile far fronte a tutte le richieste. In un secondo momento, però, la parte difficile è stata quella legale.

Per dedicarmi all’insegnamento a tempo pieno ho dovuto regolarizzare la mia posizione, così ho aperto una partita IVA come insegnante privato. Questo ha causato un leggero aumento dei prezzi, ma nonostante tutto ho mantenuto i miei clienti e ne ho acquisiti di nuovi.

Così ho raggiunto i primi obiettivi: garantirmi la mia piccola indipendenza e pagare regolarmente le imposte. Infine, sempre per ragioni burocratiche e amministrative, mi sono iscritto alla cassa ingegneri con tanto di assicurazione professionale, il che significa far fronte a tutte le spese che ha ogni libero professionista.

Che vincoli e opportunità ha offerto il tuo territorio?

Il primo vincolo è sicuramente una popolazione limitata. Rimini conta 160.000 abitanti, non è proprio una metropoli.

Anche le città vicine non sono grandissime, e soprattutto io non posso perdere mezz’ora per andare da casa di uno studente a casa di un altro, la giornata sarebbe finita dopo tre lezioni.

Questo aspetto è importante perché limita il mio raggio d’azione. L’opportunità invece è il turismo. Molte famiglie del nord-Italia trascorrono uno o due mesi al mare.

Capita che i loro figli siano stati rimandati in qualche materia, così colgono l’occasione per andare in vacanza e allo stesso tempo far preparare i loro ragazzi.

Ti affidi al sito internet per farti conoscere?

Credo che ai giorni nostri il sito valga più del CV. Tramite il sito spieghi alla gente chi sei e cosa fai: è il tuo biglietto da visita, lo strumento migliore per avere nuovi clienti.

Per questo non può essere fatto “alla buona” o lasciato in mano a gente poco pratica. Quindi mi sono affidato a Idexa Web, dove ho trovato persone competenti, che hanno soddisfatto ogni mia richiesta e mi hanno perfino consigliato strategie parallele al sito per ottenere maggiore visibilità.

Quindi un approccio eclettico. Quanto conta, in generale, non limitarsi alle vie convenzionali?

Essere eclettici è fondamentale, per qualunque attività si voglia intraprendere ma soprattutto per la nostra formazione. Significa essere più creativi, più spendibili. Ogni attività, ogni lavoro che io abbia sperimentato in passato, mi ha insegnato qualcosa che adesso mi è utile.

Per certi versi, ho imparato più sul lungomare quando vendevo i biglietti per le discoteche, di quando stavo seduto ai banchi dell’università. Molte persone, quando venivano a sapere che studiavo ingegneria, rimanevano sbigottiti: non capita tutti i giorni di vedere un ingegnere energetico vendere i biglietti sul lungomare.

Invece è stata un’esperienza altamente formativa, dove ho imparato a comunicare con il prossimo: per vendere dovevo “agganciare” i ragazzi, individuare dei punti in comune con loro, trovare l’approccio giusto. Stando a contatto con il pubblico mi sono reso conto di quanto sia importante, per entrare in relazione con le persone, toccare le loro sfere di interesse.

Come in quella citazione famosa di Philip Kotler: “La gente non vuole un trapano, vuole un buco nel muro”. Ecco, oggi io cerco di mettermi nei panni degli studenti e offrire il metodo giusto per colmare velocemente tutte le loro lacune.

Altri “ingredienti” della tua formazione?

Sempre negli anni dell’università, ho vissuto una piccola esperienza come fotomodello nell’ambito del microstock. E per non farmi mancare niente, nel 2018 ho preso il diploma di maestro di ballo in danze caraibiche.

Finora è stato solo un hobby portato avanti dall’età di 18 anni, ma non escludo di dedicarmi anche all’insegnamento di questa arte in futuro. Non bisogna montarsi la testa, come in ogni settore, e bisogna partire dalle esperienze più umili.

Dove incontrano più difficoltà i tuoi allievi? Su cosa cerchi di lavorare, con loro?

Gli studenti si dividono in tre macrocategorie: gli “svogliati assoluti”, che per fortuna sono una netta minoranza, diciamo un 10%; gli “scettici recuperabili”, ovvero la maggioranza, circa il 70%; e infine per la parte rimanente abbiamo i “sinceramente motivati”, quelli che si rendono conto di avere una lacuna e vogliono davvero colmarla.

Per gli scettici, mio principale bacino d’utenza, bisogna lavorare più di ogni altra cosa sulla motivazione: per me e per loro. Io devo trovare la mia parte di gratificazione nell’instaurare con loro un rapporto proficuo, e loro hanno bisogno di capire che le materie scolastiche non sono uno strano animale immaginario, senza collegamenti con la vita quotidiana.

Cerco di far capire loro, con montagne di esempi, che nella vita serve la matematica, serve la chimica, servono la fisica, l’elettronica, la meccanica, anche se magari a un primo sguardo non ce ne rendiamo conto. Ad esempio: per chi ama il gioco del calcio, diventa interessante capire su quali fenomeni della fisica si basano il tiro di una palla, la gittata, la traiettoria, l’effetto che le si può imprimere.

Per coinvolgere i ragazzi, specie gli adolescenti, ho bisogno di toccare la loro vita, di entrare nella loro sfera emotiva; poi, su questa base, vado a innestare i concetti più teorici. Naturalmente, metodi e approccio cambiano caso per caso, soprattutto se parliamo di studenti con disturbi dell’apprendimento (DSA). Questi ragazzi sono spesso sottovalutati, ma con le giuste leve possono fare progressi inaspettati ed ottenere una gratificazione enorme.

È bella l’affermazione, presente sul tuo sito, che “le ripetizioni non sminuiscono nessuno”. Casi eclatanti come quelli di Albert Einstein e Margherita Hack confermano che non bisogna per forza conoscere la propria strada quando si è ancora molto giovani, a volte serve tempo.

Gli studenti devono capire, come prima cosa, che prendere ripetizioni non è un disonore. Al contrario è un’opportunità, una seconda chance: al di là che siano veramente interessati a colmare le loro lacune o che pensino solamente al voto, ciascuno avrà le sue priorità.

Su questo devo ammettere che gli adolescenti sono più sereni: considerano le ripetizioni a volte un male necessario, a volte una strada nuova e interessante, ma in ogni caso con tranquillità.

Per gli universitari, invece, ammettere di aver bisogno di un aiuto esterno è più difficile: sentono il giudizio della famiglia, il confronto con gli altri studenti. In compenso sono più sensibili all’idea del riscatto, di volersi rimettere in carreggiata per poi proseguire con le loro gambe.

Il tuo calendario è visibile su una apposita pagina del tuo sito: una scelta originale.

Sul calendario online ho riflettuto molto con lo staff di Idexa Web, prima di adottarlo. All’inizio l’idea mi tentava ma mi lasciava anche perplesso, poteva sembrare che io mettessi la mia vita un po’ troppo “in piazza”.

Poi invece mi sono deciso, il calendario ha una doppia valenza: anzitutto è comodo per gli studenti, che si fanno già un’idea di quali sono le mie disponibilità prima di contattarmi, e inoltre comunica un messaggio di trasparenza.

Ha anche un valore promozionale aggiunto: vedere che ho tanti studenti e tante ore impegnate (tutte assolutamente veritiere, non c’è nulla di artefatto) lascia capire che sono un insegnante apprezzato e richiesto.

Insomma sei passato dal part-time al tempo pieno, compresa una parentesi come ingegnere. Prevedi nuovi cambiamenti in futuro?

Ci sarebbe un progetto che mi sta molto a cuore: mettere in piedi un centro didattico di alto livello con una squadra di insegnanti. Però mi rendo conto di quanto sia complicato, quindi procedo con cautela. In primo luogo perché non vorrei fosse una di quelle scuole finalizzate a macinare utili con modalità non sempre limpide, bensì ci terrei a offrire un servizio davvero di qualità; e in secondo luogo perché, lo dico con franchezza, dovrei reclutare collaboratori di assoluta onestà, votati all’insegnamento e che soprattutto non pensino soltanto al proprio tornaconto.

Vorrei poter offrire pacchetti di preparazione completi, ivi comprese le lingue, le materie umanistiche e così via, e mi piacerebbe anche ottenere la licenza per preparare gli studenti all’esame dei due anni in uno. La faccenda è un po’ complessa, per il momento ho alcuni collaboratori fidati che mi supportano dove non riesco ad arrivare personalmente; a breve cercherò di strutturare l’attività per offrire il miglior servizio possibile!

Intervista a cura di Velma J. Starling